Pacific Crest Trail

“Il mio Pct finisce qui, al km 4006. Non c’è un monumento, nessun confine, nessuna foto, nessuna spunta accanto a un obiettivo. Non ho molto da dire, al momento nessuna epifania. Non sono delusa, non sento di aver fallito o mancato un traguardo. Il gusto della conquista fine a se stesso non mi appartiene. Vado avanti finché ho piacere, altrimenti mollo la presa, in montagna come nella vita. Non sono schiava dei miei obiettivi, li sposto e li abbandono senza rimpianti”.

Elettra Pistoni con queste parole concludeva a ottobre 2019 il suo trekking lungo il Pacific Crest Trail (PCT) negli USA: 6 mesi di cammino (aprile – ottobre), 4006 km, 1 visto turistico di sei mesi rinnovato per 1 mese in loco, 3 paia di scarponi, 17 kg di zaino, peso variabile in funzione di molti fattori, su tutti la quantità di acqua (mezzo litro in alcune tappe, svariati litri in altre), soltanto 266km alla fine dell’itinerario, a cui ha rinunciato per il freddo e la neve. Qui di seguito le nostre impressioni e i nostri ricordi di una serata in sua compagnia.

3 paia di scarponi

Chi parte per fare un’Alta Via delle Dolomiti, per esempio, ritorna a casa con gli scarponi con cui è partito, ma quando cammini per quattromila km, non è che la suola si consuma, è che gli scarponi si distruggono letteralmente. Allora se riesci li fai riparare, altrimenti ne compri di nuovi. Il PCT è un pezzo di vita che si svolge, più che un trekking: chi tra i lettori vorrà cimentarsi, dovrà mettere in conto acquisti, visite mediche, intoppi, eccetera. Elettra ci ha raccontato che le si è lacerato lo zaino, fortunatamente alcune marche americane, per farsi pubblicità e/o fidelizzare i clienti, hanno un servizio customer care molto efficace e solerte: le hanno sostituito lo zaino lacerato con uno nuovo gratuitamente!

Costi

Visto e volo aereo stanno ai prezzi di mercato, occorre quindi programmare il trekking per tempo anche in considerazione del fatto che il PCT è a “numero chiuso”, rilasciano 50 permessi al giorno. Per il resto, tra cibo e alloggio, molto a spanne, prevedere circa mille dollari al mese. Ovviamente chi fa trenta notti in tenda ogni mese spenderà molto di meno, ma è da preventivare il bisogno e il piacere di scendere in città, riposare qualche giorno in hotel oppure ospite, magari fare una cena al ristorante, visitare una lavanderia, eccetera.

Problemi di salute

Quelli tipici, moltiplicati per il numero di giorni e il numero di km! Quindi, in ordine sparso: dolore ai piedi, dolore alle spalle, contratture, eccetera. Stringere i denti, curarsi, andare avanti.

Ancora sulle calzature

Elettra aveva con sé un paio di infradito come secondo paio di calzature. Scelta estrema. Camminando da sola, non aveva nessuno con cui dividere il peso della tenda, del fornelletto, eccetera. Quindi dove ha potuto, ha tagliato grammi. Per esempio: durante il cammino indossava h24 una “muta” fatta di pantalone lungo, camicia, in caso di freddo anche il piumino. Non ha portato né un pile né un pantalone corto. Aveva delle maglie leggere tipo le termiche che usano gli sciatori, e un leggins che rappresentava il suo indumento standard in città, quando la muta andava in lavatrice, oltre che indumento di emergenza quando tutto era fradicio o comunque inservibile.

Ospitalità

Molta gente offre ospitalità. Certo, ti devi accontentare del divano o del pavimento, ma conosci gli altri trekkers e gli americani che vivono in quei posti. Spesso sono pensionati, ma non sempre. Qualcuno ama la montagna, qualcuno lo fa per patriottismo, altri semplicemente per gentilezza e apertura alla vita. Peraltro, camminando da soli, è vitale avere occasioni di compagnia. Su questo specifico aspetto, Elettra ci ha spiegato che è stata una scelta convinta che rifarebbe senza dubbio. Aggiungendo che ha camminato da sola, ma che non è stata da sola. La sera, il più delle volte, ha messo la tenda accanto ad altri camminatori, e come detto sopra quando ospitata la socialità era molto ampia e calda. Camminando da sola ha anche incontrato tanta gente, tante storie di vita vissuta, di scelte fatte.

Aspettativa dal lavoro

Per fare il PCT Elettra ha preso sei mesi di aspettativa dal lavoro. Non ci sono altre alternative: o non lavori (studente, inattivo, pensionato) o devi poter prendere un’aspettativa lunga. Quando, dopo avere terminato il cammino a ottobre, ha deciso di tentare di restare un ulteriore mese, ha dovuto fare le pratiche per il rinnovo temporaneo del visto e richiedere un ulteriore mese di aspettativa dal suo datore di lavoro. Si è fermata in California in una fattoria che in cambio della tua manodopera ti offre vitto e alloggio. Rientrata in Italia si è licenziata. Adesso sta cercando una fattoria italiana nella quale potere proseguire l’esperienza californiana. Qui di sotto il link a un’intervista fatta ad Elettra da Flavia Cappadocia di Mashable Italia.

Un’italiana sul sentiero più famoso d’America

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