Variazioni selvagge

Claude Sidi studia sodo, si laurea e specializza come biologo marino, viene assegnato ad un ambito progetto in una riserva naturale dell’Oregon. Nei suoi giorni c’è l’odore del mare ed i versi degli elefanti marini, l’aria ed il silenzio della foresta. Va in depressione. Molla tutto, torna in città, trova lavoro in uno studio dentistico. La continua interazione con i piazienti lo fa rinascere, è felice. Al diavolo la biologia, dichiara, I like people, ho bisogno di un lavoro che mi faccia stare a contatto con le persone.

Kat James lavora con successo per una società londinese di telecomunicazioni. Si occupa di pubbliche relazioni. Un giorno riceve da una grande, prestigiosa ed impegnativa azienda l’offerta della sua vita. È al settimo cielo, è una donna realizzata. Quindi entra in crisi: comprende che non è quello che vorrebbe fare tutti i giorni dell’anno per tutti gli anni a venire. Tutti i giorni dell’anno per tutti gli anni a venire. Rifiuta. Dopo alcuni giorni si licenzia. Vende casa, torna a Brighton, compra casa. Ne affitta due camere, prende un lavoro part-time, economicamente riesce ad essere autosufficiente.
Sceglie di iscriversi ad un corso di giardinaggio. Le piace, ne segue un altro, ed oggi vive disegnando, realizzando e curando giardini.
Queste e molte altre sono le storie degli uomini e delle donne incontrati da Po Bronson, e raccontante nel suo libro What should I do with my life?. Storie di persone normali che sentono di indossare vestiti di una foggia sbagliata, ma non sanno capire qual è la propria, e faticosamente, dolorosamente, la cercano.
La storia di Hélène Grimaud è invece fuori dall’ordinario. Nasce nel 1969 nel sud della Francia, da due genitori non appariscenti e molto intelligenti. La figlia a scuola è inquieta e distratta. Provano a farle fare danza, un disastro. Provano con il pianoforte, un amore a prima vista e senza fine. In breve lascia la provincia per andare al conservatorio di Parigi, “per avverare in mancanza di un destino la mia natura profonda”. Ciò che per i greci era il daimon, e Jung chiama sé.
“Il sé può essere definito come un principio di guida, distinto dalla personalità conscia, e tale che può essere individuato solo tramite l’interpretazione dei sogni [...]; se l’uomo segue gli impulsi dell’inconscio, può arrivare a questo meraviglioso risultato: la vita [...] si trasforma in un’avventura interiore, ricca e senza limitazioni, colma di possibilità creative” (M. L. von Franz, in L’uomo e i suoi simboli, a cura di C. G. Jung). Per questo, pur avendo una “vocazione” così forte e chiara, la strada di Hélène Grimaud è risultata difficile e tortuosa: perché diveniamo pienamente noi stessi solo quando avveriamo la nostra natura profonda (che non è il nostro mestiere, neanche quello di pianista), ed è questa l’avventura raccontata in Variazioni selvagge.
“Chi ha veduto sé stesso è più grande di chi ha veduto gli angeli”. Con le parole di Isacco il siro, Hélène Grimaud esprime la verità del suo cammino. Passato per l’abbandono del conservatorio, una carriera concertistica da autodidatta di genio, ed un incontro di grande importanza per il suo processo di individuazione. Una notte, in Florida, passeggiando per un bosco si ritrova a tu per tu con Dennis, un uomo. Ed Alawa, la sua lupa.
Ed è pelle nella pelliccia, viso sul muso. Con Dennis parla di musica, ma con Alawa è la vita a parlare. Mesi dopo si trasferisce a New York, e trascorre alcuni anni traslocando ogni tre mesi da un semi-interrato all’altro. Di tanto in tanto, un aereo ed alcuni concerti. Si mantiene in allenamento suonando pianoforti in affitto, non potendo permettersene uno personale. La grande forza interiore che le è nata dentro la sostiene nel proprio compito.
Riesce a comprare, nel nord, un terreno sperduto che nessuno vuole, ed in quella terra selvaggia fonda il Wolf Conservation Center per la protezione e la conservazione del lupo. Hélène Grimaud è oggi una pianista di fama mondiale. Nel libro scrive, ricordando un passo del Corano: “Ci sono due tipi di uomini: quelli che subiscono il destino e quelli che scelgono di subirlo”.
(novembre 2007)
Recensione di:
Grimaud, H.,
Variazioni selvagge (2003). Trad. it. Bollati Boringhieri, 2006.
(letto in prestito)
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