in maniera avveniristica quello che successivamente sarebbe stato chiamato “stile alpino” in Himalaya. Il più grande alpinista di tutti i tempi, Reinhold Messner, per dire, è un ammiratore conclamato di Buhl, che considera quasi come padre spirituale. Orbene, la figlia, Kriemhild, scrive un libro sul padre.
«Sono tra le mie montagne, nella casa della mia infanzia, alla quale è stato dato il nome di mio padre, ma che lui non ha mai visto. Sono già cinquant’anni che è morto e giace sotto la neve eterna delle sue montagne. Io non l’ho mai conosciuto veramente, lui, l’eroe dell’alpinismo negli anni ’50. Nel soggiorno ad un paio di passi da me dorme mia madre. Ha sopportato così tanti inverni, tanti senza aiuto, sola con le sue tre bambine sotto le ali. E adesso che è anziana e ha bisogno di me riconosco la sua grandezza. È lei il vero eroe della nostra famiglia». Andrea Casalegno, rimasto orfano per mano delle brigate rosse, non trova concepibile si possa restare orfani per una passione, l’alpinismo, portata ad un estremo che ritiene inacettabile. Difatti scrive: “Hermann Buhl, il grande alpinista, le ha tradite, ha sacrificato a un sogno di grandezza le loro vite. Kriemhild questo non lo dice, benché abbia scritto che «quando gli eroi mettono al mondo dei figli occorre fare i conti con il peggio». Ma lo dico io. Una posizione dura, decisa, ribadita per tutto l’articolo, in cui l’alpinismo estremo viene definito stupido, assurdo, egoistico. Considerazioni che si possono condividere o meno, ma sulle quali occorrerebbe comunque fermarsi, per riflettere. |
(aprile 2009) |
Recensione di: Buhl, K., Mio padre Hermann Buhl (2007). Tr. it. Cda&Vivalda, 2009. |