Gran Sasso, vie di IV e V

Nel cuore dell’Italia si nasconde una gemma preziosa: un angolo di Dolomiti incastonato nell’Appennino. Con una differenza non trascurabile: la roccia. Soprattutto sul Corno Piccolo, molto più affidabile che in Dolomiti. Sul Gran Sasso ci sono centinaia di vie: in questa sezione ne sono proposte alcune, con uno stile naive piuttosto che tecnico, ma la descrizione è sempre accurata e giustamente didascalica, così come la gradazione. Linee guida relazione e gradi

(il Corno Piccolo dai Prati di Tivo, ph. Luigi Cavazza)

ELENCO DELLE VIE DESCRITTE: ATTENTI ALLE CLESSIDRE, ISKRA, SPIGOLO SSE DEL CORNO GRANDE, CRESTA NE DEL CORNO PICCOLO, KONTIKI, AQUILOTTI ’74, BACHETTI-CALIBANI, SUCAI, SINDARIN, IL VECCHIACCIO/72

ATTENTI ALLE CLESSIDRE (luglio 2011, ottobre 2013)

Prima spalla del Corno Piccolo.

Dai Prati di Tivo la prima spalla del Corno Piccolo sembra una sorta di Half-Dome locale, con la parete nord-est che possiamo immaginare come un’appoggiata north-west face. Alla base della parete nord-est c’è il grosso e inciso canale Sivitilli, che la separa dalla parete nord del Corno Piccolo. (Il canale che, al di là di una conformazione rocciosa, corre grosso modo parallelo al Sivitilli alla sua sinistra, per chi guarda dal Ventricini, è il Canalone).

L’attacco della via (75 minuti dalla cabinovia) si raggiunge disagevolmente dal Ventricini salendo non per i pratoni all’azimut, ma proseguendo fino alla prima sella (dove ci si “affaccia” sulla seconda spalla) dove si lascia il Ventricini (che scende) e si prende a sinistra una traccia che sale ripida verso la base della prima spalla, e la risale fino alla fine, giungendo pochi metri prima della base del canale Sivitilli, dove un saltino di roccia (passo di II) ci alza a una zona più comoda, pochi metri sopra la quale si trova l’attacco della via, reso evidente da un canapone con maglia rapida e uno spit.

(Luigi Cavazza su Attenti alle Clessidre, ph. Saverio Bombelli)

Attenti alle Clessidre sviluppa circa 250 metri, è una via di quarto (alcuni singoli passaggi sono IV+, il resto III e IV), ci sono almeno 7-8 possibili soste (la maggior parte delle quali canaponi su clessidre) ragion per cui la via va un po’ cucita strada facendo; ad ogni modo, come il nome lascia suggerire, si incontrano numerose clessidre, per cui è facile da proteggere. Non è invece facile da descrivere, perché l’immane placconata non dà punti di riferimento. Se immaginiamo di tracciare una linea distante 50 metri dal canale Sivitilli e ad esso parallela, da sinistra a destra abbiamo nell’ordine: la linea di discesa delle doppie, con armi di calata, la via Le placche di Odino, la via Attenti alle Clessidre. Restare insomma sempre e comunque nella metà sinistra della parete nord-est, senza farsi attirare nella metà destra da canaponi e chiodi che pure ci sono (lì le difficoltà sono di quinto, non di quarto).

La via termina in cresta: proseguendo a sinistra si incontrano alcuni massi, sulla sinistra dell’ultimo c’è un evidente armo di calata per la discesa in corda doppia (sono 4 doppie piene) che termina all’attacco della via. In alternativa, si prosegue a piedi, si superano alcuni ulteriori massi, oltre i quali il crinale si allarga, e subito si trova a destra l’intaglio (segni di vernice, ometti) da cui scende la via normale del Corno Piccolo.

ISKRA (settembre 2011)

Parete nord del Corno Piccolo

Dai Prati di Tivo si vede molto bene una sorta di lettera Tau – o una sorta di pinna di balena – sulla placca dove passa la via Kima (la lettera Tau è cerchiata in verde nella foto). Subito a destra c’è un diedro-fessura che da destra sale a sinistra: lì passa Iskra. (Subito a destra del diedro fessura c’è uno sperone stondato su cui passa la via Spigolo di Paoletto; ancora più a destra c’è il Canale/Camino di Mezzo, possibile via di rientro).

L’attacco della via (1h dalla cabinovia) si raggiunge agevolmente dal Ventricini salendo per i pratoni all’azimut.

5 tiri, via di IV con un singolo passo di V, roccia molto buona, tutte le soste sono a spit/anello cementato salvo dove diversamente specificato. Sviluppo indicativo 200 metri. Itinerario senza problemi di orientamento.

•    35 metri, III, possibilità di friend e clessidre, sosta su tre chiodi.

•    55 metri, IV, due chiodi e clessidre.

•    50 metri, IV, un chiodo e clessidre, c’è dopo 20 metri una possibile sosta (utile per spezzare eventualmente il tiro) che resta leggermente alta sulla destra e su cui conviene senza dubbio passare un rinvio, si resta nel diedro-fessura che si apre sempre di più, possibilità di friend e clessidre, sulla placca finale non farsi attirare da un chiodo e un clessidrone con canapone sulla sinistra ma restare sulla linea di ascesa. Il diedro-fessura termina sotto una piccola torre, dove c’è un ballatoio, ove si trovano la vecchia sosta con canapone intorno ad una clessidra formata da un masso incastrato addosso alla torre, e la nuova sosta su due spit fiammanti. (Da qui per evitare il tiro successivo è possibile spostarsi verso destra (stellina viola nella foto) sullo Spigolo di Paoletto, si tratta di circa 70 metri di II e III grado).

(la via Iskra, ph. internet)

•    30 metri, V, subito un chiodo in alto a sinistra, quindi ancora a sinistra (singolo passo di V, c’è un fondamentale friend incastratosi per sempre nella roccia) quindi IV sostenuto (almeno due clessidre) fino alla sosta. Non saltare la sosta, se si vuole assicurare al meglio il compagno su questo tiro!

•    30 metri, II, clessidre, si esce facilmente, ampio spazio ma senza sosta attrezzata, conviene avere un buon margine di corda per spostarsi alla ricerca di posto adatto a fare un po’ di sicura al secondo, sfruttando qualche masso o eventualmente anche a spalla data la facilità del tiro.

(Simona Pergola su Iskra, ph. Luigi Cavazza)

Le vie di uscita più utilizzate sono due: la prima, traversando a destra, scende per il Canale/Camino di Mezzo (II con passi di III, azzerabili con un paio di calate attrezzate in corda doppia) fino ai pratoni e da qui al Ventricini; la seconda (raccomandata a chi cerca una giornata piena in ambiente), obliquando verso destra, sale abbastanza comodamente alla cresta che dalla prima spalla porta alla vetta del Corno Piccolo, vetta da cui si rientra a piedi per una delle soluzioni possibili (vedi relazione Cresta Nord-Est).

SPIGOLO SUD-SUD-EST DEL CORNO GRANDE (ottobre 2011)

Da Campo Imperatore si prende il sentiero per la direttissima alla vetta occidentale del Corno Grande. Da subito è evidentissimo lo spigolo SSE, e la rampa/cengia alla base che da sinistra sale a destra, fino al filo dello spigolo. La via in breve: si sale per lo spigolo (2 tiri), si traversa a sinistra (1 tiro), si sale per un grande diedro allargato (1 tiro), si torna a destra, riprendendo il filo dello spigolo senza più lasciarlo.

(Saverio Bombelli sul settimo tiro dello spigolo SSE, ph. Luigi Cavazza)

L’attacco della via (2h dal parcheggio) è un terrazzino (spit per l’assicuratore) che si raggiunge per la rampa/cengia sopra descritta, che si prende salendo con mani e piedi dal sentiero per il bivacco Bafile, dopo il secondo canale.

10 tiri, via di IV con un singolo passo di V-, roccia buona, se ci sono cordate sopra possono cadere sassi. Sviluppo indicativo 300 metri. Via molto frequentata.

•    40 metri, III, si superano due salti, sempre dritti lungo lo spigolo, senza deviare di lato, sosta su spuntone.

•    40 metri, II, tiro facile, sempre dritti lungo lo spigolo, fino a giungere sotto un grande muro liscio, sosta su chiodo e spuntone.

•    35 metri, II, si traversa a sinistra, aggirando così il grande muro liscio, e si scende arrivando alla base di un grande diedro allargato, sosta su 2 spit.

•    30 metri, IV, diversi chiodi, si risale in verticale il diedro fino ad una cengia (chiodo sotto e sopra) che si percorre un paio di metri a destra fino alla sosta su 2 spit.

•    50 metri, IV, si prosegue a destra, si sale tra lo sperone ed un grande masso, e si obliqua a sinistra, fino alla sosta (2 spit) posta un attimo prima del passo chiave. (In alcune relazioni questo tiro è senza ragione diviso in due).

•    25 metri, V-, sulla sinistra della sosta lo sperone è solcato da un diedro (passo di V-) provvisto di diversi visibili chiodi. Superatolo, si prosegue per placchette fino alla sosta successiva (2 chiodi, 1 spit).

•    20 metri, IV, si supera un diedro poco marcato verso sinistra, sbucando su una panoramica forcella, da cui si raggiunge la dorsale fornita di aerea placconata che si sale in verticale fino alla sosta successiva (spit).

•    45 metri, III, un chiodo all’inizio ed un chiodo alla fine (attenzione ai detriti!) si prosegue senza più possibilità di errore fino alla sosta successiva, 1 spit ed 1 chiodo su placca appoggiata (cinque metri a destra, leggermente nascosta, c’è una sosta della via Sucai).

•    45 metri, II, sosta su chiodo e spuntone.

•    40 metri, II, sosta a spalla o su masso.

Al termine del decimo tiro: filare le corde, cambiare le scarpe, e proseguire (qualche passo di II) fino alla croce della vetta occidentale del Corno Grande. Rientro a Campo Imperatore (2h) per una delle tre soluzioni possibili: direttissima (scelta obbligata quando c’è vetrato sulle altre due), cresta ovest, normale.

CRESTA NORD-EST DEL CORNO PICCOLO (ottobre 2012)

Risalendo a piedi il crinale dell’Arapietra, di primo mattino, la parete est del Corno Piccolo è illuminata dal sole, la parete nord è invece al buio: la linea di confine tra luce e ombra è esattamente la linea della via. L’attacco (45 minuti dalla cabinovia) si raggiunge come segue: si risale il sentiero per il Franchetti, ed un po’ dopo la deviazione per il Ventricini si prende (paletto di ferro nei pressi) una traccia di sentiero, che sale faticosamente per i pratoni, tenendosi a destra dell’enorme sassone roccioso (stella rossa nella foto) piantato a metà strada, e puntando alla piazzola erbosa (freccia rossa nella foto) a sinistra della base di uno scudo triangolare di calcare (la piazzola si raggiunge da destra).

(la cresta NE del Corno Piccolo, ph. Fabio D’Angelo)

Si tratta di una via di ambiente bellissima, descritta però da guide e blog con eccessivo understatement: qui ci siamo sforzati di proporre una descrizione più puntuale. La via, infatti, ha uno sviluppo importante (500 metri) e richiede circa 3 ore solamente a una cordata con capacità elevate, mentre può richiederne tranquillamente il doppio ad una cordata con un livello di base. La cordata del primo tipo, infatti, dopo i tiri iniziali (fatti velocemente) procederà di conserva (o slegata, tenere comunque presente che fino all’ultimo s’incontrano passi di III) mentre la cordata del secondo tipo (in generale più lenta) continuerà ad attrezzare protezioni e soste un tiro dopo l’altro, di conseguenza impiegando molto più tempo. Per tale ragione la descrizione è nettamente divisa in due: la prima parte è una via di quarto grado di tre tiri; la seconda parte è una lunga cavalcata di cresta, che sarà percorsa in maniera differente da cordate di tipo diverso. Tenere a mente che si tratta di una via molto frequentata. Per le caratteristiche descritte NON è indicata come via di battesimo per una cordata di principianti, per la quale sono invece indicate vie come Attenti alle Clessidre o Morandi-Consiglio.

L1, 40 metri, IV-, si sale per un diedro inizialmente molto largo, sono presenti un chiodo e un canapone su clessidra tutto a dx (rinviare lungo altrimenti si crea una fastidiosa Z) poi si punta decisi al diedro che ha almeno tre chiodi (tutti a sx) per cui il tiro è ben proteggibile. Con un atletico passo finale che obliqua a sx (chiodo in basso a dx, clessidra in alto a sx) si giunge alla sosta che è su due spit con anello (infatti la sosta, non visibile per chi scende, è anche utilizzata come armo di calata). Recuperato il compagno di cordata, conviene farsi fare un po’ di sicura, superare il masso della sosta, e quindi camminare fino ad un terrazzo erboso, da cui inizia il tiro successivo. Si tratta di dieci metri di corda in tutto.

L2, 50 metri, III+, sulla destra del terrazzo erboso si risale per un diedro-camino (clessidra subito sul lato sinistro) dritti per dritti (canapone tre chiodi a due terzi del tiro) fino alla sosta, di nuovo su due spit con anello (infatti la sosta, non visibile per chi scende, è anche utilizzata come armo di calata). Attenzione: dedicate qualche minuto a memorizzare sia la prima sosta, sia la seconda sosta, sia la traccia di sentiero che dalla seconda sosta sale obliquando a destra, fino a divenire una piccola cengia. Infatti, è da questa cengia e poi dagli armi di calata delle due soste che si rientra dalla prima dozzina di vie della parete nord, es. Kontiki.

L3, 60 metri, III, a vista, fino a poco prima di una ben evidente forcella dove occorre attrezzare la sosta. Da qui una cordata esperta può proseguire di conserva.

Dalla forcella si percorre il filo di cresta (sali e scendi su “gobbe”) fino alla base dell’anticima del Corno Piccolo, che si risale lungamente. Completata la salita (>200 metri dalla forcella) si può sfruttare un canapone con maglia rapida girato intorno a dei blocchi per calarsi in corda doppia (la calata è di 33 metri circa: basta una singola corda da 60 disarrampicando gli ultimi facili metri) fino alla base dell’intaglio roccioso ai piedi della parete finale, che si risale (tenersi a dx) fino alla croce di vetta (>100 metri dal canapone con maglia rapida).

(Fabio D’Angelo sulla cresta NE, a trenta metri dalla vetta, ph. Saverio Bombelli)

RIENTRO: per la ferrata Danesi (dalla croce di vetta scendere in direzione sud, subito si trova un cavo, poco dopo iniziano gli evidenti segnali che conducono alla ferrata vera e propria) oppure per la via normale da sud (dalla croce di vetta scendere in direzione ovest, restando a destra di una profonda fenditura, per un centinaio di metri, fino ad un intaglio (segni di vernice, ometti) da cui parte, ripidamente, il sentiero) si  raggiunge il Vallone dei Ginepri, che si risale fino alla Sella dei due Corni, quindi rifugio Franchetti, cabinovia (2h dalla croce di vetta per entrambe le soluzioni; la discesa per la Danesi è più rapida ma anche più impegnativa).

KONTIKI (agosto 2013)

Parete nord del Corno Piccolo

Osservando la parete nord, e tracciando un immaginario segmento che partendo dalla base della cresta NE arriva al Canale/Camino di Mezzo, Kontiki si trova a un terzo del segmento. L’attacco (45 minuti dalla cabinovia) si raggiunge come segue: si risale il sentiero per il Franchetti, ed un po’ dopo la deviazione per il Ventricini si prende (paletto di ferro nei pressi) una traccia di sentiero, che sale faticosamente per i pratoni, a metà dei quali si comincia a obliquare fino alla base del pilastro che ospita la via (è lo stesso pilastro su cui, più a sinistra, corre la Bachetti-Fanesi, con tracciato pressoché parallelo). La via termina sulla cresta NE, che si utilizza come via di uscita. Kontiki è quasi interamente da proteggere, ha un orientamento semplice, l’ingaggio è maggiore di quello di Iskra, sviluppo indicativo 250 metri, tempo di salita 3-4 ore.

L1, 30 metri, III, il tiro inizia leggermente spostato a sinistra rispetto alla verticale del camino, si sale per placche, ci si sposta a destra, giungendo all’inizio del camino, la sosta è data da due chiodi sulla parete sinistra.

L2, 40 metri, IV, si risale il camino fino a trovarsi sotto a un grande blocco di roccia (indicato dalla freccia rossa nella foto) che lo ostruisce (e tende a gettare infuori il climber); senza indugio superarlo sulla destra, dove quasi subito ci sono buoni appigli che semplificano la progressione e portano fino alla sosta, tre chiodi, proprio sopra il grande blocco di roccia. La sosta è alla base di un pilastro (triangolo rosso nella foto) che da lontano pare come un neo della parete, e che rappresenta il “marchio” visivo distintivo della via.

(la parete nord del Corno Piccolo, ph. internet)

L3, 20 metri, III, si aggira il pilastro traversando alcuni metri a destra, e quindi salendo decisi (passo iniziale in aderenza) fino al forcellino in cima al pilastro, dove si può sostare, spit e clessidra.

L4, 40m, V-, evidente e non banale fessura obliqua (c’è un masso instabile all’inizio) che sale (presenti alcuni chiodi) fino a un diedro chiuso da un tetto, lo si supera (passo di V- esposto ma bene appigliato) a destra, si segue la fessura fino alla sosta su clessidre, alcune rese evidenti da canaponi.

L5, 40 metri, III, si prosegue per una rampa appoggiata, obliquando a sinistra fino a un terrazzo con uno spit (termine della via Untitled?), da cui si prosegue per una rampa verticale fino a un grande terrazzo erboso, sosta da attrezzare come possibile.

L6, 40 metri, III, si sale subito a un terrazzo (clessidre) e da qui si punta al canale di destra che si segue (clessidre) in direzione della  base di una costola rocciosa bene evidente sulla destra (da sotto, la costola rocciosa può somigliare al cappello di un fungo), sosta da attrezzare come possibile.

L7, 40 metri, IV, ancora lungo la fessura (si resta a sinistra della costola rocciosa) uscendone in placca fino a un comodo terrazzo, sosta da attrezzare come possibile.

RIENTRO. Il comodo terrazzo  è situato proprio sotto la cresta (al termine del sali e scendi su “gobbe” dopo L3, vedi relazione Cresta Nord-Est). Da qui ci sono due possibilità: la più remunerativa e impegnativa (4h fino alla cabinovia) è proseguire lungo la cresta fino alla croce di vetta del Corno Piccolo, e da qui rientrare; la più rapida (2h fino alla cabinovia) è utilizzare la cengia (fare sicura) che, faccia a valle, si trova sulla destra: dal comodo terrazzo la cengia conduce a un piccolo sentiero che scende fino al primo di due armi di calata per le doppie (vedi relazione Cresta Nord-Est). La prima doppia percorre approssimativamente a ritroso L2 della Cresta Nord-Est, è lunga 50 metri, termina su un terrazzo erboso. (“Approssimativamente” perché si tiene, faccia a valle, alcuni metri a destra; tenere presente quando si lanciano le corde). Dal terrazzo erboso si risale di alcuni metri un dosso roccioso (fare sicura) che si ridiscende di altrettanto, alla ricerca del secondo armo di calata. La seconda doppia percorre esattamente a ritroso L1 della Cresta Nord-Est, è lunga 40 metri, termina sulla piazzola erbosa alla base della via. Da qui, con zig-zag non sempre banali, si va a piedi alla cabinovia.

AQUILOTTI ’74 (agosto 2013, settembre 2014)

Seconda spalla del Corno Piccolo

L’avvicinamento è quello classico al versante nord della seconda spalla: dall’arrivo della cabinovia si prende il sentiero Ventricini e lo si lascia quando questo attraversa il vallone proprio sotto la spalla. L’attacco (1h dalla cabinovia) è dietro la grossa lama staccata alla base della parete. Tutte le soste sono bene evidenti, molte hanno pure canaponi già presenti.

(Mauro Vicini sul primo tiro di Aquilotti ’74, ph. Cesare Sbarbaro)

L1, 45 metri, V-, si sale dritti per belle placche compatte esattamente partendo dietro la grossa lama staccata (faccia alla parete, si parte da destra e si obliqua verso sinistra dove c’è una fessura). L’inizio di questo tiro contiene il passo chiave di V- da non sottovalutare, soprattutto per il freddo alle dita. Si segue quindi la fessura, proteggibile bene per via di numerosi chiodi presenti, quindi il tiro si fa più facile entrando in un canalino che sale verso sinistra. Sosta su vecchi chiodi e sasso incastrato sulla destra.

L2, 40 metri, IV, si prosegue attaccando la fessura che costituisce la caratteristica Z (ma per chi osserva la via da lontano appare come una W ruotata di 120 gradi in senso anti orario), ci si può tenere un po’ a destra sulla placca fuori dalla fessura, dopo poco piegare leggermente a sinistra in un facile canalino fino alla comoda sosta, su clessidra e chiodi (pochi metri prima c’è una più recente sosta su spit).

L3, 35 metri, IV, aggirare il piccolo tetto sovrastante sulla destra, poi leggermente a sinistra fino alla sosta (2 chiodi) su terrazzo, spettacolare vista sulla parete destra (per chi lo scende) del canale Bonacossa.

L4, 30 metri, III, dritti sulla parete fin sotto il caratteristico masso arrotondato della seconda spalla. Andare in corrispondenza del forcellino dove confluiscono numerose vie (e che costituisce la sommità dell’avancorpo della parete, avancorpo indicato con una stella nera nella foto). Si può fare sosta nel forcellino (è facile trovare altre cordate) oppure pochi metri prima (è questa una sosta migliore, e al sole!). Qui termina il tracciato autonomo della via: si può proseguire in vari modi, per omogeneità di grado è consuetudine proseguire lungo la Morandi-Consiglio, come di seguito descritto.

L5, 20 metri, IV, ci si eleva salendo dritti dal centro del forcellino, fino alla punta di un triangolo, da cui parte a destra una evidente e chiara rampa, sosta su clessidra e chiodo.

L6, 50 metri, II, andando a destra si percorre tutta la rampa, trovando senza problemi almeno 3 rinviate di protezione, fino a una piccola sosta su spit, su cui si rinvia, e dalla quale si sale verticalmente alcuni metri, fino a una sosta su spit e clessidra.

L7, 50 metri, III, si prosegue il diedrino verticalmente, e senza tracciato obbligato si arriva fuori dalla via (nei pressi di un armo di calata su tre piastre d’acciaio), si prosegue salendo alcuni massi (occhio alle pietre con i piedi!) oltre i quali ci sono ancora alcuni facili metri su roccia compatta,  quindi si arriva all’ancoraggio di calata (sx) per le doppie nel canale Bonacossa (un metro a dx c’è un ancoraggio con chiodi ad U che serve per le doppie sul versante sud, e che è anche l’uscita della via Aquilotti 72).

(i versanti nord della 1^ spalla (sx) e 2^ spalla (dx), separati dal canale Bonacossa, ph. Andrea Usai)

RIENTRO. Doppie nel canale Bonaccossa. Le doppie sono 3 (indicativamente 40 metri, 40 metri, 60 metri) e percorrono la parete destra (per chi guarda dal Ventricini) del canale, leggermente in diagonale. Nota: non terminare la seconda doppia su un ancoraggio datato (clessidra e chiodo) ma proseguire altri 5 metri fino a un ancoraggio nuovo (3 spit). Alternativamente, il canale Bonacossa può essere sceso a piedi (è un canale di II con un passaggio di III). Dalla sommità della spalla si segue la cresta verso l’imbocco del canale: si scende inizialmente sulla sx per rientrare più in basso verso dx.

BACHETTI-CALIBANI (settembre 2015)

Parete nord del Corno Piccolo

L’attacco è circa 20 mt a sinistra del diedro della via Iskra (vedi). Puntare alla base delle due evidenti fessure che solcano la parete, base (cordone) cui si perviene salendo slegati per una facile rampa (altrimenti aggiungere 15 metri a L1).

L1, 25 metri, V-, seguire fedelmente l’evidente fessura di sinistra, arrampicata non banale, visibile un chiodo dal basso. Proseguire fino alla sosta (2 chiodi) che è situata su una piccola cengia, circa all’altezza della più ampia ed evidente cengia erbosa che sta 15 mt sulla destra.

L2, 35 metri, IV, continuare l’arrampicata in fessura che poi diventa diedro, puntando ad un chiodo con cordino (visibile dalla sosta) e proseguire, per circa altri 15 mt, fino alla sosta su clessidra e chiodo ad anello.

L3, 45 metri, IV-, si continua seguendo la fessura/camino piegando leggermente verso sinistra. La sosta originale è posta in prossimità di un piccolo strapiombo con ampia fessura a destra che chiude il camino. Si è scelto invece di traversare circa tre metri a sinistra fino alla sosta (spit e chiodo collegati da cordone) della via contigua.

(Cesare Sbarbaro sulla Bachetti-Calibani, ph. Luigi Cavazza)

L4, 50 metri, IV-, avendo scelto di fare sosta sulla via contigua occorre adesso riportarsi un po’ a destra lungo la verticale della fessura formata dallo strapiombo verso un chiodo poco più in alto e visibile anche dalla sosta. Passaggi un po’ scomodi con lo zaino. Alla fine della fessura superare verticalmente la placca sovrastante tenendosi a destra di una esile fessura e raggiungere la sosta (2 chiodi) al termine di questa. Recuperare il secondo, quindi salire per facili roccette fino alla comba sotto la cresta, sbucando sopra lo spigolo di Paoletto.

NOTE. È una bella via classica che non va sottovalutata. Costringe, soprattutto nella prima parte, ad un’arrampicata in Dulfer alla quale non si è sempre abituati. Molto belle le placche finali dell’uscita. La via è logica e segue praticamente tutti gli intagli della parete, non ci si può perdere. In linea di massima i chiodi della via sono stati tutti indicati nella relazione. Protezioni esistenti da integrare con friends (usati alcuni medio-grandi e qualche piccolo) e kevlar sulle non numerose clessidre.

RIENTRO. Come per la via Iskra (vedi).

SUCAI (novembre 2015)

Parete est della vetta occidentale del Corno Grande

Ambiente dolomitico meraviglioso! Avvicinamento lungo (2h dal piazzale di Campo Imperatore) e bello: dopo alcuni tratti attrezzati del sentiero per il bivacco Bafile, si giunge alla grande comba detritica sotto la parete est. La si risale tenendosi completamente a sinistra in direzione del profondo canale che delimita a destra la parete est. L’attacco si trova in corrispondenza di alcune roccette a sinistra dell’imbocco del canale, sono presenti due spit (in rosso nella foto) con canapone, spesso c’è neve. La SUCAI è una via difficile. L’orientamento infatti è complicato: la via disegna una lunga diagonale “a salti” che sale da destra a sinistra tutta la parete est, incrociando numerosi (e ben più difficili!) itinerari. Non stupisce quindi che esistano numerose varianti del percorso ufficiale. Sconsigliata a una cordata alle prime armi. Sviluppo indicativo 350 metri, tempo di salita 3-4 ore, IV grado, 8 tiri.

(Leandro Giannangeli alla partenza della SUCAI, ph. Saverio Bombelli)

L1, 60 metri, III, il tiro risale rocce buone ma con presenza di sassi e detriti, e giunge alla prima cengia della parete est, la sosta è nella grossa nicchia che si vede da sotto, 1 spit nuovo più altra roba. (A metà del tiro, a sinistra, è presente un canapone su due chiodi). Tiro da proteggere con friend.

L2, 30 metri, III, si prosegue in orizzontale lungo la prima cengia della parete est, si incontra uno spit, poi un chiodo, poi un resinato, dove si sosta. Si è sotto un diedro (tendente a destra).

L3, 40 metri, IV, si scala il diedro (varie possibilità per friend) fino a trovare a sx una rampa/canalino (chiodo) che in breve porta a una sosta su due spit collegati da un cordino. Lo spit basso ha un anello di calata.

L4, 40 metri, IV, si traversa verso sx per un paio di metri, al primo chiodo si rinvia e si sale dritti sparati fino alla base (due chiodi) del soprastante diedro che ha un attacco atletico ma bene appigliato. Il diedro porta alla seconda cengia della parete est, dove si trova la sosta, su due spit, poco prima di una piccola frana (le rocce hanno un evidente colore più chiaro).

L5, 40 metri, IV, si sale sopra la frana continuando a seguire la cengia, ogni tanto si trova un chiodo, a una grossa scaglia la si segue innalzandosi (proseguire in orizzontale sarebbe d’altro canto un paio di gradi sopra) trovandosi su roccia ottima e quasi placca. La sosta è su chiodo arancione e piccola clessidra subito sopra. È inoltre presente un chiodo grigio un metro più in alto, che volendo può essere utilizzato per una sosta su tre punti. (Attenzione: un paio di metri sotto la sosta è presente un anello arancione su chiodo, NON è la sosta). Dalla sosta a ore 11 si vede un resinato, distante circa 20 metri.

(alpinisti sull’anticima SE della vetta occidentale, ph. Saverio Bombelli)

L6, 60 metri, IV, si scende di alcuni metri (passo delicato) e si traversa un po’, quindi si risale obliquando verso sinistra, con difficoltà minori. Si rinvia a un resinato (vedi sopra) e si giunge sullo spigolo SSE: sotto un masso si trovano due vecchi chiodi, rinforzabili a monte con un friend. Sosta.

L7+L8, 80 metri circa, II con un paio di passaggi di III, si prosegue lungo lo spigolo (sul lato sx si trovano almeno 2 chiodi) facendo sosta dove possibile, oppure accorpando i tiri e andando di conserva. Arrivati all’anticima SE della vetta occidentale, filare le corde, cambiare le scarpe, e proseguire (qualche passo di II) fino alla croce della vetta occidentale. Rientro a Campo Imperatore (2h) per una delle tre soluzioni possibili: direttissima (scelta obbligata quando c’è vetrato sulle altre due), cresta ovest, normale.

SINDARIN (luglio 2016)

Terzo pilastro del Pizzo d’Intermesoli

Avvicinamento lungo (2h dal piazzale di Prati di Tivo), molto bello, per la Val Maone. Il terzo pilastro è evidente, la via è subito a destra del canale Jacobucci, e già da lontano si identifica l’evidente diedro-rampa del primo tiro. Sindarin è una via in ambiente solitario, molto bella, impegnativa, completamente da proteggere a parte le soste, tradizionali. Molto impegnativo anche il rientro, sia che si prosegua a piedi per la vetta sia che si scenda in corda doppia lungo la via. Sviluppo indicativo 230 metri, tempo di salita 4 ore, V grado, 6 tiri. Valutazione d’insieme: D+

La sicura iniziale va fatta da dentro il canalino, sotto la verticale dell’inizio (è presente un canapone sulla dx) del diedro-rampa.

L1, 40 metri, V, il tiro risale l’evidente diedro-rampa sempre appoggiato, però mai banale, fino alla sosta, che chiude la progressione sotto un masso che fa da tettino. S1: due chiodi collegati da canapone, che a sua volta gira dietro un sasso incastrato. Presente maglia rapida (MR) per la calata.

L2, 30 metri, V, con un passo atletico ci si porta sopra il masso che fa da tettino (le relazioni parlano di un eccentrico incastrato, noi non l’abbiamo trovato), si prosegue verso sx poi si obliqua a dx, fino a una sosta sotto placche grigie su piccolo terrazzo erboso (i piedi stanno comodi dentro una sorta di piccola trincea; grande scaglia sulla destra). S2: due chiodi su roccia ottima, presente MR.

(La seconda e la prima spalla del Corno Piccolo viste da Sindarin, ph. Federico Angelucci)

L3, 40 metri, IV, ci si sposta 1 metro a destra (ma non di più), ci si alza (si vede a destra un alberello), si prende a sinistra una rampa/fessura. Arrampicando tendendo a sinistra si sale un ottimo calcare (sul finale è una placca appoggiata) fino alla sosta. S3: vecchio chiodo e clessidra, su roccia orizzontale, collegati da cordini. Era assente la MR, ci abbiamo lasciato un moschettone a ghiera, speriamo che i futuri salitori non se lo portino via.

L4, 50 metri, IV+, salire tendendo leggermente a sx poi prendere una rampa erbosa che porta in una sorta di piccola terrazza erbosa chiusa (a sx la roccia forma quasi uno sperone, che occorrerebbe scalare volendo guardare oltre, ma non è necessario). Siamo sotto una paretina solcata da una fessura che sale in diagonale da dx a sx. Due sono le possibilità per realizzare S4: (1) c’è una sosta già pronta, bassa, esposta, alle spalle (ai piedi dello sperone), fatta di cordini attorno a grossa clessidra, presente MR; (2) c’è una sosta da fare collegando un vecchio chiodo che si trova all’altezza del petto sulla sx e un chiodo nuovo fiammante che si trova stendendo il braccio dx in alto.

(la sosta fatta da noi S4, ph. Federico Angelucci)

L5, 40 metri, IV, salire la paretina seguendo la fessura citata, percorrere uno spigolo compatto, al termine sostare sulla sx. S5: canaponi attorno a grande blocco di roccia, presente MR.

L6, 30 metri, V-, ci si sposta alcuni metri a sx, ricercando la parte più facile delle placche soprastanti, e quindi si sale le belle placche grigie, fino a una terrazza erbosa. S6: clessidra e vecchio spit con canaponi, presente MR.

Rientro a Prati di Tivo proseguendo per la cima (non diamo qui la descrizione, itinerario non breve e non banale) oppure in corda doppia lungo la via, senza saltare neanche una sosta. Questa è la soluzione da noi seguita. Importante quindi prestare attenzione durante la salita all’itinerario, che andrà percorso a ritroso, quasi sempre in diagonale. Occhio alla collocazione delle soste. Portare materiale d’abbandono (MR, kevlar). Le doppie sono sei, e richiedono almeno 2 ore.

IL VECCHIACCIO/72 (settembre 2016)

Seconda spalla del Corno Piccolo

L’avvicinamento è quello classico al versante sud-ovest della seconda spalla: dall’arrivo della cabinovia si prende il Ventricini, e lo si percorre fino alla Forcella del Belvedere (oltre il Canale del Tesoro Nascosto). La via parte lì nei pressi (1,15h dalla cabinovia). Si vedono bene una cengia erbosa e una fessura-scaglia che parte dall’estremo sinistro della cengia. Come d’uso nella larga maggioranza dei casi, qui è proposta la versione del Vecchiaccio che confluisce in Aquilotti 72. I tiri L3/L4 si prestano a numerose varianti, ragione per cui esistono descrizioni differenti, tra cui quella che proponiamo noi, probabilmente la più facile. Sviluppo indicativo 210 metri, tempo di salita 4-5 ore, grado VI-, 6 tiri. Valutazione d’insieme: D.

La sicura iniziale va fatta alzandosi di alcuni metri dal sentiero, poco a sx della Forcella del Belvedere.

L1, 40 metri, III+, il tiro risale per alcuni metri la piccola fessura appena a sx della Forcella (attenzione: lo spit segnalato nelle relazioni non c’è più), poi obliqua a sx attraversando con una decisa diagonale la placca e andando a terminare sulla parte sx della cengia erbosa visibile dal basso. S1: due chiodi collegati da canapone, all’estremo sinistro della cengia erbosa, proprio sotto la fessura-scaglia. Notare, alcuni metri a sx, un armo di calata (due spit, catena, anello).

(le  prime tre soste (cerchi rossi) della via, ph. Silvio Orazzini)

L2, 20 metri, IV, si risale completamente la fessura-scaglia (possibilità di friend all’interno) senza possibilità di errore fino a poggiare i piedi sulla punta di questa: si è in sosta, sotto una seconda e più grande scaglia. S2: clessidra e golfaro.

L3, 35 metri, IV, si segue la scaglia per qualche metro, quindi si traversa a dx giungendo alla base di un diedrino, che si risale (almeno due chiodi sulla dx) fino a giungere sotto un piccolo tetto. S3: chiodo a sx, possibilità di almeno due friend a dx.

L4, 40 metri, IV+, aggirare il tetto a sx, salire a fianco della costola, dopo poco montarla a dx, arrivando a una fessura orizzontale (quasi una piccola cengia) che dona ampie possibilità ai piedi. Andando sempre a dx si incontrano alcuni fittoni: rinviare e proseguire salendo verticali alcuni metri e poi obliquando a dx, dove in breve si arriva alla sosta. S4: due spit collegati da canaponi.

L5, 35 metri, V, la placca va salita in direzione dell’inizio di una rampetta, molto evidente, che sale da sx a dx. Arrivati sotto l’inizio della rampetta c’è un chiodo: lì, con un passo atletico di V si monta sulla rampetta. Percorrerla da sx a dx (possibilità di friend) fino alla sosta. S5: spit, chiodo nuovo, chiodo antico. Notare, alcuni metri in alto a sx, un armo di calata.

L6, 40 metri, VI-, dalla sosta parte una clamorosa fila di chiodi a pressione piazzati oltre quarant’anni fa dagli Aquilotti di Pietracamela (qui i più bravi useranno un paio di rinvii, i meno bravi anche una dozzina) che “guida” su una placca impegnativa (VI-) e meravigliosa, fin sotto un muro strapiombante. Traversare (V-) nettamente a sx (scalare in aderenza con i piedi; un tempo erano presenti due chiodi e un cuneo di legno, adesso non ci sono più, possibilità di mettere dei friend) salire un diedrino e una paretina, ancora a sx fino a un evidente canalino che conduce a una forcella. Fine della via. S6: due golfari e canapone.

RIENTRO. Numerose possibilità: (A) per il canale Bonaccossa in doppia; (B) per il canale Bonacossa a piedi; (C) per la parete sud-ovest in doppia.

(A) Le doppie sono tre (indicativamente 40 metri, 40 metri, 60 metri) e percorrono la parete destra (per chi guarda dal Ventricini) del canale, leggermente in diagonale. La prima sosta di calata è un metro dopo S6. Nota 1: non terminare la seconda doppia su un ancoraggio datato (clessidra e chiodo) ma proseguire alcuni metri fino a un ancoraggio nuovo (spit). Nota 2: la seconda doppia anziché in obliquo e per 40 metri può essere effettuata più verticalmente e per quasi tutta la lunghezza, giungendo nel canale Bonacossa in un punto dal quale la discesa è semplice (un solo passo di II). Si evita così la terza doppia.

(B) La discesa a piedi del canale Bonacossa dall’inizio alla fine, in alternativa alle doppie, è suggerita solo a chi ha confidenza con un canale che ha continui passaggi di II e un passaggio di III. Dalla sommità della spalla si segue la cresta verso l’imbocco del canale: si scende inizialmente sulla sx per rientrare più in basso verso dx.

(C) Le doppie sono tre. La prima sosta di calata è S6.

Scarica la relazione in PDF

Le doppie sono tre (indicativamente 40 metri, 40 metri, 60 metri) e percorrono la parete destra (per chi guarda dal Ventricini) del canale, leggermente in diagonale. La prima sosta di calata è un metro dopo S6. Nota 1: non terminare la seconda doppia su un ancoraggio datato (clessidra e chiodo) ma proseguire alcuni metri fino a un ancoraggio nuovo (spit). Nota 2: la seconda doppia anziché in obliquo e per 40 metri può essere effettuata più verticalmente e per quasi tutta la lunghezza, giungendo nel canale Bonacossa in un punto dal quale la discesa è semplice (un solo passo di II). Si evita così la terza doppia.

(B) La discesa a piedi del canale Bonacossa dall’inizio alla fine, in alternativa alle doppie, è suggerita solo a chi ha confidenza con un canale che ha continui passaggi di II e un passaggio di III. Dalla sommità della spalla si segue la cresta verso l’imbocco del canale: si scende inizialmente sulla sx per rientrare più in basso verso dx.

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