Il flusso

Nell’articolo “Play and Intrinsic Rewards” di M. Csikszentmihalyi, psicologo della Chicago University, un compositore descrive nel modo seguente i momenti in cui dà il meglio di sé:

Ti trovi in un tale stato di estasi che ti senti quasi come se non esistessi. L’ho sperimentato diverse volte di persona. La mia mano sembra non avere legami con me, e io non ho nulla a che fare con ciò che sta accadendo. Me ne sto semplicemente seduto lì a guardare, in uno stato di timore reverenziale e meraviglia. E tutto questo poi scorre via dileguandosi.

La descrizione è riportata da Daniel Goleman nel suo libro “Intelligenza emotiva” ed è simile in tutto e per tutto alla descrizione che campioni di scacchi, scalatori, chirughi, danno quando parlano di un momento nel quale hanno superato sé stessi in un’attività che amano. Lo stato che essi descrivono è stato definito flusso da M. Csikszentmihalyi. Gli atleti sportivi conoscono questo stato di grazia come “the zone” e cioè la zona in cui il compito non richiede sforzo, e la folla e gli avversari spariscono. La migliore descrizione al riguardo è probabilmente fornita dal film “Il più bel gioco della mia vita” del regista Bill Paxton, incentrato sugli U. S. Open di golf del 1913. Sempre Goleman scrive: «Riuscire a entrare nel flusso è la massima espressione dell’intelligenza emotiva; il flusso rappresenta forse il massimo livello di imbrigliamento e sfruttamento delle emozioni al servizio della prestazione e dell’apprendimento. Nel flusso le emozioni non sono solamente contenute e incanalate, ma positive, energizzate e in armonia con il compito cui ci si sta dedicando […] la caratteristica del flusso è una sensazione di gioia spontanea, perfino di rapimento. Poiché il flusso ci fa sentire così bene, esso è di per se stesso gratificante. Si tratta di uno stato in cui la consapevolezza si fonde con le azioni e nel quale gli individui sono assorbiti in ciò che stanno facendo e prestano attenzione esclusivamente al loro compito. In verità, riflettere troppo su ciò che sta accadendo – lo stesso pensiero “sto facendo un lavoro fantastico” – può interrompere la sensazione del flusso. L’attenzione è talmente concentrata che gli individui sono consapevoli solo della ristretta gamma di percezioni immediatamente legate a ciò che stanno facendo […] Il flusso è uno stato in cui l’individuo si disinteressa di sé, l’opposto del rimuginare e del preoccuparsi […] gli individui sono talmente assorbiti da quanto stanno facendo che perdono completamente la consapevolezza di se stessi e si spogliano delle piccole preoccupazioni della vita quotidiana – salute, conti e perfino l’ansia di far bene. In questo senso, i momenti di flusso sono privi di ego. Paradossalmente, l’individuo in stato di flusso mostra un controllo magistrale su ciò che sta facendo e le sue risposte sono perfettamente sincronizzate con le mutevoli esigenze della circostanza. […] Il piacere spontaneo, la grazia e l’efficacia che caratterizzano il flusso sono incompatibili con i “sequestri emozionali” nei quali gli impulsi provenienti dal sistema limbico tengono sotto sequestro, appunto, il resto del cervello. Nel flusso l’attenzione è rilassata pur essendo altamente concentrata. Si tratta di una concentrazione molto diversa da quella che si ottiene quando, stanchi o annoiati, si cerca di prestare attenzione a qualcosa; diversa da quando la nostra mente è messa sotto assedio da sentimenti invadenti e importuni quali l’ansia o la collera. Il flusso è uno stato privo di interferenze emotive – se si esclude un leggero sentimento di estasi, irresistibile, e altamente motivante. […] Osservare qualcuno che si trova nello stato di flusso dà l’impressione che i compiti difficili siano facili: la prestazione ad altissimo livello sembra naturale e comune. Questa impressione riflette ciò che accade nel cervello, dove si ha un paradosso simile: i compiti più difficili sono eseguiti con un dispendio di energia mentale minimo. Il cervello in stato di flusso è “freddo”: lo stato di attivazione e di inibizione dei circuiti neurali è in perfetta armonia con quanto è richiesto dalle circostanze. Quando l’individuo si impegna in attività che attirano senza sforzo la sua attenzione mantenendola poi concentrata il suo cervello si calma: si ha una riduzione dello stato di attivazione cerebrale. […] Una concentrazione forzata – alimentata dalla preoccupazione – produce un aumento dell’attività corticale. Ma la zona del flusso e della prestazione ottimale sembra essere un’oasi di efficienza corticale, nella quale viene consumato un minimo indispensabile di energia mentale. Questo è logico, forse, se si pensa al tipo di attività magistrale che consente all’individuo di entrare nel flusso: avendo la padronanza delle mosse necessarie per compiere una data impresa – di tipo fisico, come scalare una parete di roccia, o di tipo mentale, come programmare un computer – il cervello può essere più efficiente». Probabilmente erano in uno stato di flusso Renzo Piano e Richard Rogers quando progettarono il Beaubourg, Maradona ai mondiali del Messico, Mark Twight nelle sue scalate più riuscite:

Mettendomi alla prova e preparandomi duramente ho sviluppato uno stile personale di meditazione attiva che mi ha permesso, su alcune vie, di raggiungere uno stato di empatia con la montagna così forte da avere la certezza che non avrei mai potuto commettere errori. In quei giorni potevo leggere nella mente del mio compagno e muovermi libero dai vincoli della forza di gravità; abbandonata ogni coscienza di me stesso, diventavo la montagna stessa. È stato in quei giorni che ho realizzato le imprese più importanti.

Come il flusso è un prerequisito per raggiungere l’eccellenza in un mestiere, in una professione o in un’arte, lo stesso vale per l’apprendimento. Howard Gardner, psicologo di Harvard, sempre nel libro di Goleman, dice: «Dovremmo usare gli stati mentali positivi dei bambini per attrarli verso l’apprendimento negli ambiti in cui possono sviluppare delle competenze […] Il flusso è uno stato interiore che indica che il bambino è impegnato in modo corretto. Essi devono trovare qualcosa che gli piaccia, e farla». Il fatto che dei numerosi esempi di attività sportive o professionali riportati da Goleman, l’unica ad essere citata più volte sia la scalata, non è casuale, ci indica le ragioni profonde ed i benefici emotivi che la nostra passione porta con sé.

[Le parole di Mark Twight sono tratte dal suo manuale “Alpinismo estremo”, Versante Sud 2009, p. 110. Tutte le restanti citazioni provengono dal libro “Intelligenza emotiva”, di Daniel Goleman, BUR 2013, p. 154-163]

La descrizione è riportata da Daniel Goleman nel suo libro “Intelligenza emotiva” ed è simile in tutto e per tutto alla descrizione che campioni di scacchi, scalatori, chirughi, danno quando parlano di un momento nel quale hanno superato sé stessi in un’attività che amano. Lo stato che essi descrivono è stato definito flusso da M. Csikszentmihalyi. Gli atleti sportivi conoscono questo stato di grazia come “the zone” e cioè la zona in cui il compito non richiede sforzo, e la folla e gli avversari spariscono. La migliore descrizione al riguardo è probabilmente fornita dal film “Il più bel gioco della mia vita” del regista Bill Paxton, incentrato sugli U. S. Open di golf del 1913. Sempre Goleman scrive: «Riuscire a entrare nel flusso è la massima espressione dell’intelligenza emotiva; il flusso rappresenta forse il massimo livello di imbrigliamento e sfruttamento delle emozioni al servizio della prestazione e dell’apprendimento. Nel flusso le emozioni non sono solamente contenute e incanalate, ma positive, energizzate e in armonia con il compito cui ci si sta dedicando […] la caratteristica del flusso è una sensazione di gioia spontanea, perfino di rapimento. Poiché il flusso ci fa sentire così bene, esso è di per se stesso gratificante. Si tratta di uno stato in cui la consapevolezza si fonde con le azioni e nel quale gli individui sono assorbiti in ciò che stanno facendo e prestano attenzione esclusivamente al loro compito. In verità, riflettere troppo su ciò che sta accadendo – lo stesso pensiero “sto facendo un lavoro fantastico” – può interrompere la sensazione del flusso. L’attenzione è talmente concentrata che gli individui sono consapevoli solo della ristretta gamma di percezioni immediatamente legate a ciò che stanno facendo […] Il flusso è uno stato in cui l’individuo si disinteressa di sé, l’opposto del rimuginare e del preoccuparsi […] gli individui sono talmente assorbiti da quanto stanno facendo che perdono completamente la consapevolezza di se stessi e si spogliano delle piccole preoccupazioni della vita quotidiana – salute, conti e perfino l’ansia di far bene. In questo senso, i momenti di flusso sono privi di ego. Paradossalmente, l’individuo in stato di flusso mostra un controllo magistrale su ciò che sta facendo e le sue risposte sono perfettamente sincronizzate con le mutevoli esigenze della circostanza. […] Il piacere spontaneo, la grazia e l’efficacia che caratterizzano il flusso sono incompatibili con i “sequestri emozionali” nei quali gli impulsi provenienti dal sistema limbico tengono sotto sequestro, appunto, il resto del cervello. Nel flusso l’attenzione è rilassata pur essendo altamente concentrata. Si tratta di una concentrazione molto diversa da quella che si ottiene quando, stanchi o annoiati, si cerca di prestare attenzione a qualcosa; diversa da quando la nostra mente è messa sotto assedio da sentimenti invadenti e importuni quali l’ansia o la collera. Il flusso è uno stato privo di interferenze emotive – se si esclude un leggero sentimento di estasi, irresistibile, e altamente motivante. […] Osservare qualcuno che si trova nello stato di flusso dà l’impressione che i compiti difficili siano facili: la prestazione ad altissimo livello sembra naturale e comune. Questa impressione riflette ciò che accade nel cervello, dove si ha un paradosso simile: i compiti più difficili sono eseguiti con un dispendio di energia mentale minimo. Il cervello in stato di flusso è “freddo”: lo stato di attivazione e di inibizione dei circuiti neurali è in perfetta armonia con quanto è richiesto dalle circostanze. Quando l’individuo si impegna in attività che attirano senza sforzo la sua attenzione mantenendola poi concentrata il suo cervello si calma: si ha una riduzione dello stato di attivazione cerebrale. […] Una concentrazione forzata – alimentata dalla preoccupazione – produce un aumento dell’attività corticale. Ma la zona del flusso e della prestazione ottimale sembra essere un’oasi di efficienza corticale, nella quale viene consumato un minimo indispensabile di energia mentale. Questo è logico, forse, se si pensa al tipo di attività magistrale che consente all’individuo di entrare nel flusso: avendo la padronanza delle mosse necessarie per compiere una data impresa – di tipo fisico, come scalare una parete di roccia, o di tipo mentale, come programmare un computer – il cervello può essere più efficiente».

Probabilmente erano in uno stato di flusso Renzo Piano e Richard Rogers quando progettarono il Beaubourg, Maradona ai mondiali del Messico, Mark Twight nelle sue scalate più riuscite:

Mettendomi alla prova e preparandomi duramente ho sviluppato uno stile personale di meditazione attiva che mi ha permesso, su alcune vie, di raggiungere uno stato di empatia con la montagna così forte da avere la certezza che non avrei mai potuto commettere errori. In quei giorni potevo leggere nella mente del mio compagno e muovermi libero dai vincoli della forza di gravità; abbandonata ogni coscienza di me stesso, diventavo la montagna stessa. È stato in quei giorni che ho realizzato le imprese più importanti.

Come il flusso è un prerequisito per raggiungere l’eccellenza in un mestiere, in una professione o in un’arte, lo stesso vale per l’apprendimento. Howard Gardner, psicologo di Harvard, sempre nel libro di Goleman, dice: «Dovremmo usare gli stati mentali positivi dei bambini per attrarli verso l’apprendimento negli ambiti in cui possono sviluppare delle competenze […] Il flusso è uno stato interiore che indica che il bambino è impegnato in modo corretto. Essi devono trovare qualcosa che gli piaccia, e farla». Il fatto che dei numerosi esempi di attività sportive o professionali riportati da Goleman, l’unica ad essere citata più volte sia la scalata, non è casuale, ci indica le ragioni profonde ed i benefici emotivi che la nostra passione porta con sé.

[Le parole di Mark Twight sono tratte dal suo manuale “Alpinismo estremo”, Versante Sud 2009, p. 110. Tutte le restanti citazioni provengono dal libro “Intelligenza emotiva”, di Daniel Goleman, BUR 2013, p. 154-163]

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